Il pensiero di Paolo Della Bella sulle aritmie cardiache e il ruolo della clinica

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A cura di Giuseppe Riggio e Eros Barantani

"Il batticuore di notte", ricorda Giuseppe Pontiggia nel Giardino delle Esperidi, è come un campanello di allarme per dirci che qualcosa forse sta cambiando nella nostra vita. A questa visione letteraria dell'aritmia cardiaca corrisponde un'aritmia da non sottovalutare? E vi è posto per la clinica, cioè per la cura del singolo malato nello studio delle aritmie dominato oggi dalla ipertecnologia?

Il Prof. Paolo Della Bella, Direttore del Centro di Aritmologia dell'Ospedale Universitario San Raffaele di Milano, noto per la visione clinica del problema delle aritmie cardiache e degli aspetti organizzativi fra medico e centri antiaritmici specializzati, ritiene indispensabile mettere ordine in un campo spesso sottovaluto dal medico pratico e quindi dal malato o al contrario sopravvalutato. Ad esempio, nell'ablazione, ignorando che essa è un superamento della farmacologia, o nel defibrillatore (ICD) in cui la sopravvivenza è tanto più elevata quanto meno interviene il defibrillatore, grazie al contributo di altri provvedimenti terapeutici associati (antiaritmici, ablazione, ...).

Hanno sempre molta importanza lo stile di vita, l'equilibrio psichico e neurovegetativo del paziente in un armonico contesto etico ed economico.


D. L'aritmia notturna ha un valore clinico in persone apparentemente sane?

 

R. L'aritmia notturna spesso è il primo campanello d'allarme della fibrillazione atriale. 

A 50 anni c'è un elevato rischio di scompenso cardiaco e di embolia e forse non è necessario ricorrere all'ablazione ma è necessario pensare ad una "campagna di coscienza" e valutare quale sia la patologia che sta alla base dell'aritmia. Quindi, controllo clinico (ipertensione arteriosa, obesità,... ), ecografia, Holter con dispositivi impiantabili di piccole dimensioni in modo da scegliere fra terapia farmacologica o ablazione. Frequenti episodi di fibrillazione atriale in cuore sano ci debbono far pensare a una patologia dell'atrio (miocardiopatia atriale) favorita dalla sottovalutazione dell'aritmia e dall'aver ignorato l'ablazione.

E' necessario prendere coscienza che vi sono aritmie legate a fattori concomitanti come l'obesità di alto grado ed è utile organizzare un ambulatorio per il controllo del peso in collaborazione con i colleghi cardiologi.

D. L'elevata frequenza della aritmia extrasistolica in cuori normali può influenzare negativamente la funzione del miocardio?

R. Sappiamo che raramente (nel 5% dei casi) si può favorire una disfunzione del ventricolo sinistro, in ogni caso l'elevata frequenza di una extrasistolia è mal tollerata e la individuazione di un focolaio aritmico mediante uno studio elettrofisiologico e un adeguato mappaggio è la metodologia più corretta per prevenire alterazioni di maggiore rilevanza.

D. Le scelte terapeutiche devono tenere certamente conto dei diversi quadri clinici (miocardite, cardiomiopatia, obesità, ...). In questi casi la terapia è etiologica o patogenetica?

R. In fase iniziale il trattamento etiologico è importante ed è da prediligere la biopsia miocardica e poi la terapia immunosoppressiva o antivirale; la decisione è interdisciplinare poiché una miocardite trascurata diviene miocardiopatia dilatativa. E' importante il collegamento con il gruppo di Padova e Trieste per un percorso comune, multidisciplinare con aritmologi, elettrofisiologi, cardiologi-chirurghi per la fibrillazione atriale, con l'obiettivo di una terapia personalizzata come al San Raffaele.

D. Nella tachicardia ventricolare come impostare una corretta terapia ? Terapia farmacologica o defibrillatore associato a farmaci e/o ablazione ?

R. La preferenza in questi contesti va alla terapia con ablazione che nell' 80/85% dei casi è superiore a qualunque altra terapia cardiologica evitando in tal modo la dipendenza dal farmaco; se il paziente ha già cseguito altre terapie la parola va alla tecnica. Quando vi è sintomatologia è necessario ricorrere ad uno studio elettrofisiologico, mappaggio, ablazione. Nelle gravi tachicardie ventricolari vi sono dati che documentano effetti inotropi negativi dei farmaci: il cordarone in classe funzionale II è utile, in classe funzionale III aumenta la mortalità, ma si è costretti ad una interruzione al primo anno nel 18% dei casi per problemi seri di ipertiroidismo, fibrosi polmonare; in questi casi vi è indicazione all'impianto del defibrillatore per risolvere il problema della morte improvvisa. Non vi sono altre terapie con impatto così drammatico, ma il defibrillatore se interviene più volte aumenta la mortalità, peggiora la sopravvivenza; se le strategie applicabili aumentano esse vanno seguite. La sovrapposizione di terapia farmacologica al defibrillatore riduce il numero di shock, il betabloccante lo riduce del 50% e il defibrillatore, nato come shock box, dispone ora di strumenti per riconoscere tachicardie ventricolari più lente, e intervenire a varie frequenze: con frequenze superiori a 200 il numero di shock si riduce in modo da favorire la regressione dell'aritmia in pochi secondi. Si può ricorrere all'ablazione contemporaneamente o successivamente all'impianto del defibrillatore e, in quest'ultimo caso, l'ablazione non è seguita da aumento di mortalità.

D. Nella diagnosi e terapia delle aritmie cardiache vi sono dei "no da osservare:

R.

- non sottovalutare la fibrillazione atriale, indipendentemente dalla etiologia, per i danni che essa provoca, particolarmente i danni celebrali (deficit cognitivo);

- non sottovalutare l'ablazione vista come strumento di terapia prioritario rispetto alla terapia farmacologica;

- non ritenere che il defibrillatore (ICD) sia la soluzione delle gravi aritmie ventricolari per il ruolo positivo della associazione farmacologica e della ablazione che evitano i danni indotti da frequenti interventi del defibrillatore